#tavoladisangiuseppe a un giorno di distanza resta la gioia di una Condivisione Autentica e di un Dono grande...
Il cuore trabocca di gratitudine... Per le mani laboriose che lo hanno reso possibile,
le nostre mamme Nnanza, Cristina, Rosalba, Vittoria, le due Anne, le zie Ines ed Emilia, zio Antonio, la mitica Uccia,
i nostri Santi, la paternità generosa dell'Assessore Sebastiano Leo, la magia di Luciana delle Donne made in carcere,
il delicato sguardo modesto e sapiente del nostro Gesù, la presenza colma di storia forza ed esempio di Marco Costantino Avanzi Popolo 2.0
e la bellezza soave e rivoluzionaria di Simona De Mitri Parco Paduli,
e ancora grazie agli amici che ci hanno sostenuto il Grande Pietro Carecci, Giuseppe e Gianfranco, il nostro Avv. Angelo e
il commercialista Maurizio che confermano l'essere pienamente parte della squadra
e a tutti i collaboratori che non si sono risparmiati in questi giorni dando il meglio di Sé per il bene dell'azienda e dell'evento..
È stato bello condividere una gioia tanto grande con voi...
Venerdì 18 e sabato 19 marzo 2016 in occasione dei festeggiamenti per San Giuseppe la Cooperativa Sociale “Mettere le Ali” Onlus è a Minervino di Lecce tra le tappe del percorso di devozione dei fedeli per le Tavole di San Giuseppe. Sabato 19 marzo la tavola sarà animata da personalità del mondo istituzionale, culturale e sociale
Si rinnova anche quest’anno con immutata suggestione l’antico Rito delle Tavole di San Giuseppe, testimonianza della profonda devozione che lega la nostra terra al Santo.
Una tradizione religiosa che ha profonde radici nella storia. Si ricollega infatti idealmente agli antichi riti di rinascita primaverile, ai banchetti di solidarietà per i poveri, imbanditi nel Medioevo dai signori feudali, ai pasti caldi offerti ai bisognosi nella liturgia bizantina, tramandata dai monaci basiliani, a riti delle comunità ebraiche e albanesi presenti nel Salento. Nelle antiche comunità arbëreshe nel giorno di San Giuseppe veniva celebrato l’Arcipurcim o festa dell’Arziburo, un banchetto comunitario tra famiglie dello stesso ceppo. Le comunità ebraiche festeggiavano il Tu BiShevàt, il Capodanno degli alberi, con un pasto di quindici varietà di frutta. Si parla anche di influenze musulmane legate al banchetto comunitario e alla carità verso i poveri. Tutto questo delinea il profondo significato di una tradizione densa di simboli, in un abbraccio di storia e civiltà declinato nell’agape cristiana che parla di valori di carità, solidarietà, comunità di cui si sente oggi particolare bisogno.
La tradizione delle Tavole di San Giuseppe, in alcune zone Mattra, si celebra con intensa solennità in molti paesi del Salento, tra cui Casamassella, Cocumola, Giurdignano, Guagnano, Minervino di Lecce, Uggiano la Chiesa.
Alcuni particolari del rito variano tra i paesi; denominatore comune è il simbolismo che caratterizza l’allestimento delle lunghe tavole ricoperte da candide tovaglie, tra le più belle del corredo di famiglia, con al centro l’effige di san Giuseppe, e decorate secondo un accordo cromatico che modula bianco e giallo, colori tipici dell’iconografia del Santo. Rituale è la disposizione dei cibi, serviti in un preciso ordine e il numero dei commensali che rappresentano la Sacra Famiglia, a cui possono aggiungersi vari Santi, sempre in numero dispari, fino ad un massimo di tredici.
A Minervino di Lecce, la Cooperativa Sociale “Mettere le Ali” Onlus apre ai devoti le porte della sua “casa” con l’allestimento della Tavola in onore di San Giuseppe.
I cibi, rigorosamente di magro, accuratamente preparati da giorni da mani esperte e devote, sono tipici della cucina salentina: pasta e ceci (o “massa); verdura lessata, pesce, emblema di Cristo, pampasciuni, simbolo della fine dell’inverno, le immancabili pittule e le caratteristiche grandi forme di pane a ciambella, ciascuna contrassegnata da un simbolo scelto tra la palma, il giglio, il bastone, la corona del Rosario, a rappresentare pace e prosperità.
Venerdì 18, a partire dalle 19.00, Don Antonio Cagnazzo darà inizio al rito con la benedizione della Tavola di Mettere le Ali e della “massa” che sarà offerta per tutta la serata ai pellegrinanti, durante la veglia notturna.
Sabato 19, a partire dalle ore 12.00, la Tavola sarà animata da personalità del mondo istituzionale, culturale e sociale che hanno voluto dare un segno incisivo della loro presenza e del loro appoggio al progetto. L’Assessore Ragionale a Lavoro e Formazione Sebastiano Leo, indosserà le vesti di San Giuseppe e con tre colpi del bastone, simbolo del Santo, darà inizio al pranzo. Maria sarà “interpretata” da Luciana delle Donne, Presidente della Cooperativa Sociale “Officine Creative” – Made in Carcere; per Gesù Bambino è stato scelto un adolescente minervinese; Marco Costantino, ideatore del progetto Avanzi Popolo 2.0, sarà San Zaccaria; Santa Elisabetta avrà il volto di Simona De Mitri, rappresentante del “Parco dei Paduli”, progetto candidato al Premio del Paesaggio del Consiglio d'Europa 2014-2015.
La Cooperativa “Mettere le Ali” Onlus nasce con il primo bando di “Principi Attivi-giovani idee per una Puglia migliore”, un’iniziativa di Bollenti Spiriti, Programma Regionale per le politiche Giovanili”, al quale partecipano tre giovani laureati dell’Università del Salento con una proposta progettuale: “Gruppo appartamento Mettere le Ali”, che risulta tra i vincitori.
Nel febbraio 2009 il gruppo informale si costituisce come Cooperativa Sociale Onlus, da sette anni una realtà attiva, gestendo il primo appartamento per adolescenti in disagio sociale del territorio regionale, a questo nel 2014 si è aggiunto un altro appartamento a Cutrofiano nato con il bando regionale Microcredito, testimonianza della validità sociale della formula collaudata in questi sette anni di attività.
La Cooperativa si configura come servizio a minori in condizioni di disagio a cui “restituire le ali”, occupandosi della formazione e dell’addestramento professionale e scommettendo sulla loro crescita.
I principi che ispirano la mission della Cooperativa sono la centralità della persona, l’attenzione all’ascolto e alla conoscenza, la valorizzazione dei talenti, con l’obiettivo di rendere il giovane protagonista del proprio percorso di vita.
per info: 0836.818175 - Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
Ballata delle donne
Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
I dati dell’ultimo Censimento Istat sulle istituzioni nonprofit (dati aggiornati al 2011 e progressivamente rilasciati a partire dal 2013) [Istat, 2013] sono utili non solo per scattare una fotografia d’insieme, ma anche per ricavare informazioni di dettaglio che consentono di segmentare il nonprofit italiano, restituendo così il suo carattere di pluriverso.
Tra le diverse variabili disponibili nel datawarehouse dell’Istat sul Censimento si segnala una novità di particolare interesse, ossia le informazioni relative ai destinatari di servizi con specifico disagio, cioè fasce di utenza che, per ragioni diverse, manifestano bisogni di assistenza, cura, educazione e che vengono soddisfatti dalle diverse istituzioni nonprofit. I dati riferiti a questi soggetti sono particolarmente rilevanti perché colmano un importante gap informativo: permettono infatti di guardare al nonprofit non dal consueto punto di vista della disponibilità di asset (risorse) economiche, umane, strutturali, ma anche guardando ai beneficiari delle sue attività, iniziative, servizi.
Il primo set di estrazioni consente di delineare il profilo del nonprofit impegnato in attività a favore di utenti disagiati, verificando se esistono scostamenti più o meno significativi rispetto al comparto nel suo complesso. I dati confermano in effetti che la variabile relativa alle caratteristiche dell’utenza definisce un perimetro di organizzazioni rilevante, ma non così consistente. A fronte di 300mila istituzioni nonprofit censite solo poco più di 50mila si occupano di persone in situazione di disagio. Una percentuale pari al 16,7% del totale che presenta significativi elementi di differenziazione se si prendono in considerazione ulteriori variabili che riguardano la forma giuridica, il settore di attività prevalente, l’orientamento strategico e i modelli economici. Ad esempio le forme giuridiche nonprofit non sono estranee rispetto alle caratteristiche dell’utenza, anzi. Esistono alcuni modelli giuridico-organizzativi che presentano un’incidenza maggiore di beneficiari disagiati: le cooperative sociali in primo luogo, con quasi 2/3 di queste organizzazioni che contano tra i loro beneficiari utenti in situazione di fragilità.
I dati sugli utenti con disagio contribuiscono quindi a ridefinire in modo sostanziale il profilo del settore nonprofit, non solo perché ridimensionano il numero di organizzazioni impegnate in attività sociali in senso stretto, ma anche (e soprattutto) perché disegnano una nuova “geografia” interna al comparto, guardando ai settori di attività, ai modelli economici e alle forme giuridiche. La cooperazione sociale gioca un ruolo rilevante perché è il soggetto nonprofit più orientato a servire utenti con disagio (quasi il 65% del totale delle cooperative sociali dichiara di avere utenti con queste caratteristiche) ed inoltre persegue questo obiettivo attraverso un assetto di natura imprenditoriale che, di per sé, rappresenta un importante elemento di innovazione.
Rispetto ai settori di intervento la classificazione ufficiale ICNPO per le istituzioni nonprofit evidenzia, nel caso delle cooperative sociali, tre macro ambiti: l’erogazione di servizi socio-assistenziali, le prestazioni sanitarie e le attività finalizzate all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati nella voce “sviluppo economico e coesione sociale”. Se si considerano le sole cooperative con utenti disagiati si rilevano due distinti effetti. Il primo consiste nella crescita sia in termini assoluti che di incidenza relativa dei settori assistenziale e sanitario, ad indicare che la cooperazione sociale approccia questi ambiti di attività – in particolare la sanità – avendo come punto di riferimento persone vulnerabili che necessitano di modelli di servizio specifici per garantire l’accessibilità e la fruizione di queste prestazioni. Il secondo effetto è legato al ridimensionamento delle attività legate all’inserimento lavorativo. Questa tendenza può essere spiegata ipotizzando che non tutte le cooperative impegnate in attività di inserimento lavorativo (tipo b) siano classificate alla voce “sviluppo economico e coesione sociale”. Ma forse esiste un’ulteriore spiegazione più sostanziale, ovvero la presenza di quote sempre più rilevanti di manodopera debole non classificabile utilizzando le categorie previste dalla legge (e per le quali, va ricordato, le cooperative sociali non possono accedere alle agevolazioni sul costo del lavoro).
“È vero, piangono molto. Gridano. Dopo un incontro, dopo che me ne sono andata, capita che debbano assumere dei farmaci per il cuore o addirittura che chiamino la guardia medica. Sono loro stesse a raccontarmelo poi, eppure insistono: ‘Torna a trovarmi, torna senz’altro. Abbiamo taciuto per così tanto tempo. Per quarant’anni abbiamo taciuto…’”. Nulla meglio di questo passo di un libro di Svetlana Aleksievič spiega il dolore e il dovere della memoria, il costo che si paga a ricordare.
Aleksievič indagava l’epopea delle donne sovietiche nella seconda guerra mondiale, ma lo stesso drammatico intreccio di responsabilità e rifiuto, di volontà e sottrazione emerge ogni volta che a essere interpellate sono memorie traumatiche, ricordi di tragedie individuali o collettive. Forse bisognerebbe partire da qui, dalla consapevolezza del prezzo della memoria, per evitare che la giornata del 27 gennaio si trasformi gradualmente in una data retorica, stucchevolmente emotiva, superficialmente celebrativa.
È un rischio che ogni memoria e ogni ricorrenza corre, ovviamente, e vale per altre date nobili del nostro calendario, come il 25 aprile e il 2 giugno, per esempio. Ma nel caso della memoria della Shoah il pericolo è insieme più forte e più ingiustificabile. Perché lo sterminio degli ebrei, nella sua irriducibile unicità, è oggi il paradigma allo stesso tempo più limpido e più controverso di come il nostro tempo viva il suo rapporto con il passato e della doppia sfida fondamentale che la memoria oggi affronta: non cedere di un millimetro sul piano del rispetto verso il dolore sparso da milioni di uomini e di donne, non farsi recludere nell’amarezza della fissazione e della rivendicazione: “La memoria può essere maestra di libertà”, ha scritto il neuropsichiatra Gabriel Levi, “soltanto se non è una memoria prigioniera, perché dolorosamente ripetitiva”.
Da questo punto di vista il più aggressivo nemico della memoria non è l’oblio. La cancellazione del passato è un obiettivo sempre più irraggiungibile anche per il dittatore più feroce e il revisore più tenace. Non è solo questione di tecnologie (che però contano, e quanto contano, specie quando i testimoni diretti lentamente scompaiono), non è solo un problema di registrazione e di conservazione. In mezzo a tante contraddizioni e distrazioni, è cresciuta una sensibilità collettiva, o anche solo un apparato mediatico-culturale, che rende più difficile la totale rimozione o l’aperta falsificazione. Altre minacce mi sembrano più attuali: la strumentalizzazione, la superficialità, la confusione, la fissazione.
Insulti feroci e impuniti
Usi strumentali della memoria e della storia sono in campo da sempre. Memorie di parte o reinventate sono classici meccanismi di costruzione e difesa delle identità. Nel caso della Shoah continuano a operare in forme subdole oppure vistose. Tra le prime continuano a spiccare tutti i tentativi di ridimensionamento e di relativizzazione che cancellano responsabilità decisive e ne suggeriscono altre inesistenti o irrilevanti: mentre non cessano le allusioni alle responsabilità ebraiche, per esempio, emergono solo a fatica carichi e colpe proprie.
Dei circa 700 ebrei deportati da Roma dopo la tragica retata del 16 ottobre 1943, ha ricordato recentemente lo storico Amedeo Osti Guerrazzi, almeno 439 (quasi la metà) furono traditi o arrestati dagli italiani. Ecco un caso in cui la memoria ha (o meglio, avrebbe) davvero un prezzo alto, che finora nessuno ha voluto pagare. A un tentativo invece vistoso di strumentalizzazione abbiamo assistito qualche mese fa con il discorso di Benjamin Netanyahu che attribuiva al mufti di Gerusalemme almeno una quota di responsabilità nel progetto di soluzione finale. A parte l’insostenibilità storica, l’effetto è quello di confondere le radici reali della Shoah, tutte iscritte nella tradizione occidentali, compresi i suoi spesso celebrati valori cristiani. In questa confusione, più o meno deliberatamente perseguita, è facile proliferino negazioni e irrisioni di ogni tipo. È curioso e soprattutto desolante che in un luogo cruciale della nostra vita collettiva come i campi di calcio e le loro tribune, gli insulti più feroci (e praticamente impuniti) prediligano con chirurgica precisione proprio le figure vittime dei lager: ebreo, frocio, zingaro di merda.
Oggi si celebra la Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, per ricordare la data in cui è stata approvata la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo (20 novembre 1989). Una ricorrenza molto importante, che richiama l'attenzione sulla centralità dei diritti dei più piccoli. In occasione della Giornata istituzioni, associazioni e altre realtà di tutto il mondo promuovono incontri, convegni, mostre, spettacoli e molti altri eventi, che puntano a far riflettere sui temi dell'infanzia e dell'adolescenza.
L'evento istituzionale che tutti gli anni viene organizzato a Roma dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza insieme al Dipartimento per le politiche della famiglia e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali è dedicato quest'anno al tema Bambini e adolescenti migranti: quale protezione e accoglienza? L'incontro, in programma nella Sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri, in via Santa Maria in Via 37, prevede interventi di rappresentanti istituzionali ed esperti.
Molte le iniziative dell'Unicef: fra queste, la petizione per i diritti dei minori migranti e rifugiati Indigniamoci!, che è possibile firmare online sul sito dell'organizzazione, e il lancio del rapporto Per ogni bambino la giusta opportunità. Un mondo a misura di bambini e adolescenti Post-2015.
«Ama il prossimo tuo» ovvero, spiega il sociologo Richard Sennett, «collabora e coopera con lui». Competizione e velocità, termini chiave del tempo presente, «sono altre parole per dire guerra di tutti contro tutti». In nome di che cosa? Dello spread? Del Pil? Del marketing? O del nulla?
Nella Teoria dei sentimenti morali, un libro di capitale importanza nella storia del pensiero e dell'etica occidentali, pubblicato a Edinburgo nel 1759 agli albori della prima rivoluzione industriale, fu il padre dell'economia classica Adam Smith a rimarcare come, negli affari umani, non potendoci mettere materialmente nei panni dell'altro, occorra sempre e comunque far risuonare dentro di noi il suo stato d'animo, provando simpatia per lui. Con il termine simpatia, Smith intendeva definire una spinta emotiva volontaria capace di avvicinarci all'altro, di sentirlo e sentire con lui, trasportandoci «nella sua situazione e permettendo di figurarci nei più minuti particolari ogni minimo episodio in cui possa incorrere chi soffre». Nel suo Insieme (Feltrinelli, 2012), Richard Sennett sottolinea l'importanza della simpatia che, con l'empatia, costituisce una vera e propria pulsione cooperativa, oltre che una particolare specificazione dell'evangelico «ama il tuo prossimo come te stesso». Una specificazione importante, rimarca Sennett, perché Smith non solo ci invita a immaginarci l'altro o a «figurarci» la sua condizione in termini astratti e generici, ma a coglierlo nei più intimi e minuti particolari, tenendo sempre in piena considerazione il contesto e quelle che Marcel Proust avrebbe più in là chiamato le «intermittenze del cuore».
Ovunque, oggi, le parola d'ordine è «agire rapidamente», «fare in fretta», come se la crisi, che richiede sicuramente energia e decisione nelle risposte, non avesse tempo per le domande. E con le domande non implicasse attenzione ai dettagli, non solo al bersaglio grosso del bilancio e con questi dettagli bloccasse preventivamente ogni dialogo, ogni ascolto, ogni simpatia... Non le sembra un paradosso pericoloso e ambiguo? Effettivamente, è proprio un paradosso. È un paradosso vedere uomini improntati su schemi contabili oramai fuori tempo massimo che, dopo averci portato allo sbando, si presentano – o così vengono presentati dai media – come portatori sani di un'ideologia che, appellandosi al nuovo che avanza, fa in realtà avanzare ciò che di più vecchio e spento permane nel nostro sistema: la competizione. Beninteso, parlo di competizione come dogma. La competetizione è vita, ma se viene assunta come dogma rende ciechi e sterili e si tramuta, paradossalmente appunto, nel suo contrario. Se in una società quello che conta fosse solo competere, anche a costo di disfare tutto al fine di arrivare soli alla metà, andremmo diritti verso il baratro. E forse è ciò che stiamo rischiando. Dobbiamo imparare a non volerci imporre, a cooperare, a collaborare, a comunicare nel senso etimologico e forte della parola. Dobbiamo smettere di ascoltare chi ci propone formulette magiche, basate di tagli al welfare e soldi alle grandi banche d'affari. Dobbiamo reimparare la virtù dello stare insieme agli altri – ecco perché è importante la simpatia – senza la forzatura di volerci uguali a loro.
Negli ultimi mesi le parole “cooperazione” e “cooperativa” sono diventate sempre più diffuse nei dibattiti sulla sharing economy. Per certi versi credo che questo fosse quasi inevitabile, dal momento che una delle principali spine nel fianco della sharing economy è il tema della governance (per lo meno per le piattaforme più conosciute) su cui invece le cooperative possono offrire vari spunti di confronto.
Dalle cooperative la sharing economy potrebbero infatti copiare alcuni elementi. Addirittura c’è chi suggerisce di sviluppare alcune piattaforme come vere e proprie imprese cooperative.
Questo permetterebbe di avere maggiore controllo democratico, maggiore equilibrio nella distribuzione dei rischi e dei benefici, e più equa appropriazione del valore prodotto. Inoltre, la tradizione cooperativa da oltre un secolo e mezzo porta con sé una serie di principi e valori sociali che si sposano bene con le attuali ambizioni della sharing economy, per esempio di essere un’economia che mette al centro la collaborazione, la condivisione, la comunità.
Ma non mancano senz’altro le sfide, sia perché ci sono molte domande pratiche che rimangono tuttora aperte (come si organizza in concreto una piattaforma cooperativa? Sono poche ad oggi le esperienze, e troppo giovani per valutarne i risultati), sia perché nella forma cooperativa stessa sono insite altre non trascurabili questioni (si pensi ad esempio alla difficoltà di attrarre capitali). Inoltre, visto che stiamo parlando di governance, è importante essere realisti, e tenere presente che anche nella cooperativa la partecipazione reale e attiva delle persone al governo dell’impresa non è semplice da promuovere, e che sono necessari nuovi strumenti soprattutto per le realtà con un gran numero di soci.
Fin qui stiamo parlando di come la cooperazione potrebbe rafforzare la sharing economy, offrendosi come opzione di governance per “democratizzare” le piattaforme ed esaltarne il valore sociale. Ma questa non è l’unica questione sul piatto.
Se ci allontaniamo un po’ per avere uno sguardo d’insieme, vedremo che non sono solo le piattaforme di sharing economy a interrogarsi sulle opportunità offerte dalla cooperazione, ma anche le cooperative a chiedersi se la sharing economy può essere una risorsa rispetto al loro bisogno di innovare.
Proviamo dunque ad adottare la prospettiva delle cooperative. Il modello piattaforma può aiutarle ad innovare, a rispondere alle sfide e ad agganciare le opportunità che le riguardano direttamente, nei propri ambiti e terreni d’azione?
L’infografica presentata in occasione della XIII edizione del Workshop sull’impresa sociale – che troviamo anche riproposta sulle pagine del numero di ottobre del magazine Vita – ha colpito nel segno. Ha suscitato un buon numero di commenti che si sono concentrati su diversi aspetti: sui singoli dati e sul modo in cui sono stati organizzati, sulle fonti utilizzate e addirittura sulla frase che la intitola. Ce ne sarebbe per farne una nuova versione che monitori una funzione chiave dell’impresa sociale (e non solo): la capacità di investimento.
In ogni caso il quadro è ricco di stimoli, anche perché abbiamo combinato dati di performance (giro d’affari, patrimonio, utili d’esercizio) con informazioni di sentiment, legate cioè alle percezioni dei singoli imprenditori sociali rispetto alle evoluzioni e agli scenari futuri. Il tutto considerando sia le cooperative sociali che altre forme imprenditoriali che hanno assunto la qualifica di impresa sociale. Un mix di dati forniti da Euricse, Federsolidarietà e Isnet ai quali si potrebbero aggiungere le nuove statistiche dell’osservatorio UBI Banca sui fabbisogni finanziari dell’impresa sociale realizzato da Aiccon.
Bari, 9 ottobre 2015 (ore 9-18)
Facoltà Scuola di Medicina Università degli Studi A.Moro Bari (Aula De Benedictis)
Il periodo tra i 14 e i 18 anni rappresenta una fase importante nella vita di un giovane, perché segna il passaggio dall’infanzia all’età adulta. In questo periodo, o anche più precocemente, generalmente i minori vivono i loro primi rapporti di coppia e le loro prime esperienze sessuali. Come per gli adulti, ma con modalità, forme espressive, comportamenti, differenti, anche nel periodo adolescenziale, l'esercizio dell'affettività della sessualità, può divenire reato. Se è più semplice immaginare ciò per gli adulti, una maggiore complessità e difficile decifrabilità del fenomeno " abuso sessuale", attiene l'esperienza dei comportamenti sessualmente violenti in adolescenza.
I juvenile sex offenders, rappresentano una popolazione eterogenea che va dall’insufficiente mentale che reperisce un oggetto sessuale più vulnerabile di lui, al ragazzo apparentemente adeguato che però si lascia coinvolgere e partecipa ad una violenza o stupro di gruppo, a situazioni che sembrano avere inizio come " un gioco adolescenziale" e poi assumono i profili del comportamento penalmente rilevante, alle situazione in cui franca ed evidente appare la psicopatologia degli autori e a volte anche delle vittime. Il seminario che presentiamo vuole essere una occasione per presentare i primi dati di una complessa ricerca che ha visto coinvolti ricercatori di tre sezioni universitarie della Facoltà Scuola di Medicina della Università di Bari ( Criminologia e Psicopatologia Forense, Psichiatria e Neuropsichiatria Infantile), in stretta collaborazione e sinergia con il Centro di Giustizia Minorile della Regione Puglia che ha fornito un contributo notevole ed indispensabile per il reclutamento dei soggetti da esaminare.
Ma l'iniziativa vuole essere una occasione concreta di confronto tra studiosi, ricercatori provenienti anche da altre Università ed esperti di tale complesso fenomeno e tra operatori del mondo della Criminologia e della Psichiatria Forense, della Clinica e della Giustizia Minorile, impegnati non solo nell'aspetto valutativo ma anche in quello rieducativo-trattamentale, nonchè delle decisioni giudiziarie da adottare nei confronti dei minori che si rendono responsabili di questo particolare e oltremodo complesso tipo di reato.
La ricerca è parte del progetto europeo Efeseiis Project – Enabling the Flourishing and Evolution of Social Entrepreneurship for Innovative and Inclusive Societies e coinvolgerà le imprese sociali degli undici paesi partner (Albania, Austria, Danimarca, Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda, Polonia, Scozia e Serbia).
Il progetto, finanziato dall’Unione Europea all’interno del Settimo Programma Quadro, ha lo scopo primario di ricercare i fattori che costituiscono un ostacolo allo sviluppo dell’imprenditoria sociale in Europa, intendendo promuovere la partecipazione dei principali attori e portatori di interesse nazionali. Consapevoli dell’importante momento storico che sta vivendo il Terzo Settore italiano, riteniamo fondamentale raccogliere le esperienze delle organizzazioni che operano sul nostro territorio al fine di individuare le buone pratiche e i pregi dell’imprenditoria sociale italiana, come anche le principali barriere al suo sviluppo.
Partecipiamo con piacere alla ricerca coscienti che il nostro contributo può sostenere l’ottica di incoraggiare una maggiore attenzione ai bisogni delle imprese sociali e di accrescere la consapevolezza collettiva rispetto al valore aggiunto creato dall’economia sociale in Europa.
La Cooperativa Sociale Mettere le Ali Onlus sostiene e promuove l'iniziativa promossa da Alleanza delle Cooperative Italiane chiedendo al Parlamento di approvare una legge con misure più severe e più incisive per contrastare il fenomeno delle false cooperative, che utilizzano strumentalmente la forma giuridica della cooperazione perseguendo finalità estranee a quelle mutualistiche.
Ci sono ora sei mesi di tempo per raccogliere almeno 50 mila firme, che verranno consegnate al Parlamento.
In particolare, la proposta di legge prevede:
la cancellazione dall’Albo delle Cooperative e la conseguente perdita della qualifica di cooperativa, per le imprese che non siano state sottoposte alle revisioni/ispezioni; definizione di un programma di revisioni, in via prioritaria, per quelle cooperative che non siano state sottoposte da lungo tempo alle revisioni o alle ispezioni, così come per le cooperative appartenenti ai settori più a rischio;
tempestiva comunicazione dello scioglimento delle cooperative all’Agenzia delle Entrate per contrastare il fenomeno di cooperative che nascono e cessano l’attività nel giro di pochi mesi accumulando debiti nei confronti dell’Erario;
creazione di una cabina di regia al Mise che coordini i soggetti chiamati a vigilare sulle cooperative evitando sovrapposizioni e duplicazioni di adempimenti attraverso intese con consentano di coordinare revisori provenienti anche da altre Amministrazioni.
“Essere cooperatore è un valore che devi trasmettere. Non è un lavoro fine a se stesso. Non guardi solo al salario. E’ una cosa che ti porti addosso per sempre. Hai investito nella cooperativa, è tua. E’ un valore che puoi trasmettere e condividere con gli altri” spiega. “L’illegalità in questo territorio esiste. La concorrenza sleale ci colpisce. Ne paghiamo le conseguenze. Ma quando guardi in faccia i soci dipendenti che ti chiedono “ce la faremo a superare la crisi?” sai di avere uno stimolo in più. Sai che cooperare paga. Perché già il fatto stesso di non essere solo ti aiuta tanto” racconta. (Francesco Triunfo, socio della cooperativa Coserplast).
OTRANTO – Sabato 6 giugno alle ore 10.00 ad OTRANTO (Le) presso la Lega Navale Italiana (Via del Porto)“Alba Mediterranea Sailing Team – Messaggeri di Legalità” presenta gli equipaggi che parteciperanno alla Regata Internazionale Brindisi-Corfù (Grecia) – 10-12 Giugno 2015, alla presenza di:
- Cosimo Prisciano – Presidente di Alba Mediterranea A.p.S. - Perrini Francesca, Direttore CGM – Centro Giustizia per i Minori di Puglia - Daconto Attilio Maria, (C.F.) – Comandante – Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Gallipoli - Miriello Gian Marco (T.V.) – Comandante – Capitaneria di Porto– Guardia Costiera di Otranto - Cariddi Luciano -Sindaco del Comune di Otranto - Martano Luigi- Dirigente dell’Istituto Alberghiero di Otranto - Melissano Walter – Presidente Lega Navale Italiana Sezione di Otranto
- Malcarne Alfredo – Presidente Assonautica Nazionale e Assonautica di Puglia - Dusconi Matteo – Segretario Generale Assonautica Nazionale - Ferrocino Daniele – Presidente Consorzio Emmanuel - Russo Luigi – Presidente Centro Servizi Volontariato Salento - Quarta Antonio – Direttore Centro Servizi Volontariato Salento - Sergio Salvatore– Prof. Università del Salento - Spedicato Luigi – Prof. Università del Salento - Verardo Maria Rita – Magistrato già Presidente del Tribunale per i minorenni di Lecce - Montemiglio Francesca – Direttore USSM – Ufficio Servizi Sociali per i minorenni Bari - Giurgola Antonella – Direttore USSM – Ufficio Servizi Sociali per i minorenni di Lecce - Prenna Umbero – Direttore USSM – Ufficio Servizi Sociali per i minorenni di Bari - Caforio Cecilia – Coordinatore sede USSM – Ufficio Servizi Sociali per i minorenni di Brindisi - Zezza Franco – Sindaco del Comune di Palmariggi Al via con la Regata Internazionale Brindisi-Corfù (Grecia) – 10-12 Giugno 2015, il progetto “Alba Mediterranea Sailing Team – Messaggeri di Legalità” finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la Gioventù e il Servizio Civile Nazionale. Si tratta di un intervento teso alla diffusione della legalità tra i giovani grazie alla “velaterapia” e dell’impatto dei percorsi nautici sul benessere psico-fisico delle persone. Alba Mediterranea, Associazione di Promozione Sociale formata da skipper, psicologi, volontari, esperti nel campo socio-educativo, della nautica sportiva/da diporto e del mercato del lavoro, punta a trasformare giovani a rischio di devianza e/o svantaggiati in equipaggi di barche a vela e «messaggeri di legalità» capaci di attivare sul territorio della provincia di Lecce e nell’intera Puglia azioni di diffusione della cultura della legalità. Il mare e la navigazione a vela diventano strumenti di educazione, formazione, orientamento lavorativo e di inclusione sociale.
Il rito delle tavole di San Giuseppe, in cui si esprime la profonda devozione verso il Santo della religiosità salentina, si perde nella notte dei tempi, collegandosi idealmente ad antichi riti legati alla rinascita primaverile, ai banchetti che nel Medioevo i signori feudali imbandivano per i poveri, ai pasti caldi offerti ai bisognosi nella liturgia bizantina, tramandata dai monaci basiliani; ad essi vanno ad aggiungersi tradizioni delle comunità albanesi ed ebraiche presenti nel Salento. Nelle antiche comunità arbëreshe, infatti, nel giorno di San Giuseppe veniva celebrato l’Arcipurcim o festa dell’Arziburo, un banchetto comunitario tra famiglie dello stesso ceppo. Le comunità ebraiche festeggiavano il Tu BiShevàt, il Capodanno degli alberi, con un pasto di quindici varietà di frutta. Si parla anche di influenze musulmane legate al banchetto comunitario e alla carità verso i poveri, in un ideale abbraccio di civiltà coniugato con l’agape cristiana.
Alcuni particolari del rito variano tra i paesi; denominatore comune è il simbolismo che accompagna tutto l’allestimento delle lunghe tavole imbandite con al centro l’effigie di San Giuseppe, dalle candide tovaglie, ai fiori che le decorano, al cromatismo in bianco e il giallo, colori tipici dell’iconografia del Santo, ai cibi disposti e serviti in un preciso ordine, al numero dei commensali che rappresentano la Sacra Famiglia, a cui possono aggiungersi vari Santi, sempre in numero dispari, fino ad un massimo di tredici.
A Minervino di Lecce, la Cooperativa Sociale “ Mettere le Ali” Onlus apre ai devoti le porte della sua “ casa” con l’allestimento della Tavola in onore di San Giuseppe. I cibi, rigorosamente di magro, preparati con cura da giorni da mani esperte e devote, raccontano la cucina tradizionale salentina: pasta e ceci (“ciceri e tria” o “massa); verdura lessata, pesce, emblema di Cristo, pampasciuni, simbolo della fine dell’inverno, pittule e le caratteristiche grandi forme di pane a ciambella contrassegnate da simboli come la palma, il giglio, il bastone, la corona del Rosario, a rappresentare pace e prosperità. Mercoledì 18, a partire dalle 19.00, il rito comincia con la benedizione di Don Antonio Cagnazzo della Tavola di Mettere le Ali e della massa che sarà offerta per tutta la serata ai pellegrinanti durante la veglia notturna. Giovedì 19, a partire dalle ore 12.00, la Tavola sarà animata da personalità del mondo istituzionale, culturale e sociale che hanno voluto dare un segno incisivo della loro presenza e del loro appoggio al progetto. Il dott. Imerio Tramis, Pubblico Ministero del Tribunale de Minori di Lecce, indosserà le vesti di San Giuseppe e con tre colpi del bastone, simbolo del Santo, darà inizio al pranzo. Maria sarà “interpretata” da dott.ssa Annalisa Creati, Presidente della Cooperativa Sociale “La Strada”; per Gesù Bambino è stato scelto un ragazzo, studente dell’Istituto Comprensivo di Minervino di Lecce; Roberto Covolo, Project Manager di ExFadda, Laboratorio Culturale attivo a San Vito dei Normanni, sarà San Gioacchino; Sant’Anna avrà il volto di Miriam Daniele Marangelli ,Marketing e Comunicazione delle Cantine Menhir Salento. La Cooperativa “Mettere le Ali” Onlus nasce con il primo bando di “Principi Attivi-giovani idee per una Puglia migliore”, un’iniziativa di Bollenti Spiriti, Programma Regionale per le politiche Giovanili”, al quale partecipano tre giovani laureati dell’Università del Salento con una proposta progettuale: “Gruppo appartamento Mettere le Ali”, che risulta tra i vincitori. Nel febbraio 2009 il gruppo informale si costituisce Cooperativa Sociale Onlus, da sei anni una realtà attiva, gestendo il primo appartamento per adolescenti in disagio sociale del territorio regionale. La Cooperativa si configura come servizio a minori in condizioni di disagio a cui “restituire le ali”, occupandosi della formazione e dell’addestramento professionale e scommettendo sulla loro crescita. I principi che ispirano la mission della Cooperativa sono la centralità della persona, l’attenzione all’ascolto e alla conoscenza, la valorizzazione dei talenti, con l’obiettivo di rendere il giovane protagonista del proprio percorso di vita.
Sei anni di Storia e di Storie, sei anni di prove e di grovigli, di imprese di Impresa, sei anni di un Noi collettivo - giovani pugliesi, gli appassionati di educazione, i ragazzi incontrati accompagnati protetti, il mondo cooperativo - sei anni di un divenire diffuso, sei anni di gioie e delusioni di questa meravigliosa nave che solca onde impetuose, fra riconoscimenti e ammutinamenti, rimanendo fedele a se stessa e al suo sogno iniziale.
Staff
Lo staff di Bollenti Spiriti della Regione Puglia ci ha selezionato per girare un video storytelling sulla nostra esperienza d'impresa, dalla nascita ad oggi, ben sei anni racchiusi in emozionanti minuti. Le macchine da presa e i microfoni per l'intera mattinata hanno gironzolato per tutta la comunità. Ringraziamo Mood Film per essere stati così attenti nel rendere protagonisti i nostri ragazzi mettendo nelle loro mani (solo per pochi minuti) preziosi strumenti... A presto per l'anteprima.. .
Giovedì 27 Novembre 2014 si è svolto il tanto atteso convegno/dibattito con il patrocinio del Comune di Cutrofiano in occasione dell’inaugurazione del servizio residenziale per minori “Gruppo Appartamento” in via Genova 39/C, gestito dalla Cooperativa Sociale “Mettere le ali” Onlus.
All'incontro sulla prevenzione primaria e riflessioni intorno all'adolescenza hanno partecipato colorando la giornata con i loro interventi e piccoli spunti, i ragazzi delle classi terze della Secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo di Cutrofiano, grazie alla disponibilità raccolta dal prof. Antonio Maniglio.
Alle ore 10:00 si sono avviati i lavori e dopo i saluti iniziali e la presentazione della giornata a cura del Presidente della Cooperativa dott. Alessandro Rizzelli sottolineando quanto è "importante riconoscere questa giornata non tanto come punto di arrivo ma come un punto di partenza. Abbiamo bisogno di tutta la comunità a partire dal singolo cittadino fino ad arrivare alle Istituzioni anche qui presenti oggi con la presenza dell'Assessore prof. Donno e del Dirigente prof. Maniglio".
I ragazzi dell’Istituto “Don Bosco” sono stati i protagonisti di un dibattito sull’adolescenza e hanno potuto ascoltare le riflessioni del prof. Luigi Spedicato, docente dell’Università del Salento di Sociologia della Comunicazione. Successivamente, la dott.ssa Antonella Giurgola dell'USSM delegata della dott.ssa Francesca Perrini, Dirigente del Centro di Giustizia Minorile per la Puglia, ha parlato ai ragazzi dei percorsi che la giustizia minorile promuove quando l’adolescenza si scontra con la devianza.
Dopo questi interventi sono stati proiettati gli scatti che i ragazzi avevano precedentemente inviato con le immagini che, secondo loro, meglio raffigurano la loro età: momenti di amicizia e allegria, a scuola e nello sport, di solitudine e gioia, di vita quotidiana accompagnati dalle note musicali di Elisa “A Modo Tuo”.
“Mettere le ali”, ha continuato a testimoniare il suo approccio innovativo con la dott.ssa Donatella De Vito, Assistente Sociale, mettendo al centro il ragazzo e scegliendo di agire partendo dalle potenzialità inespresse e non dal limite e dalle problematicità. “Sperimentiamo ogni giorno che l’adolescente innesca meccanismi di cambiamento se riconosciuto come persona e non come problema” e così sintetizza l’esperienza di questi anni: ”Abbiamo incrociato vite senza verbi al futuro e ci siamo fatti fianco in un lavoro lungo e doloroso quale quello della gestazione di una vita nuova, più colorata, più Vita!” |