Segnaliamo con piacere l'iniziativa che si svolgerà il giorno 6 maggio presso le Manifatture Knos di Lecce, via Vecchia Frigole 36, conl'inaugurazione della mostra fotografica “Sguardi fuori campo”, organizzata dalla Comunità Pubblica per Minori di Lecce - Dipartimento Giustizia Minorile (Ministero della Giustizia) - in collaborazione con la Cooperativa Sociale Phoenix e l’Associazione Camera Oscura di Roma e con il sostegno dell’Istituto Gestalt di Puglia e delle Manifatture Knos.
La mostra, aperta al pubblico fino a martedì 13 maggio (tutti i giorni esclusi festivi, h. 10/13.00 e 15.30/21.00), si compone dei lavori realizzati da circa 30 ragazzi ospiti, in diversi periodi, della Comunità Pubblica per Minori di Lecce, in un lungo percorso didattico sperimentale sulle tecniche fotografiche e di stampa, iniziato ad Agosto 2013 e non ancora concluso.
In apertura, il giorno 6 maggio alle ore 17:00, sempre presso le Manifatture Knos, è prevista la Tavola Rotonda dal titolo: “La mediazione artistica nella relazione d’aiuto: la fotografia”, sempre presso le Manifatture Knos.
Si tratterà di una discussione partecipata tra vari esperti che avranno modo di confrontarsi tra loro e col pubblico rispetto all’esperienza artistica nei contesti in cui si lavora attraverso la relazione.
Parteciperanno, tra gli altri, la dott.ssa Francesca Perrini, Dirigente del Centro Giustizia Minorile Puglia di Bari, la dott.ssa Carmen Tessitore, Assessore del Comune di Lecce per le Politiche Sociali, Politiche Educative, Pubblica Istruzione, Politiche delle Famiglia, Politiche di Genere, il prof. Salvatore Colazzo Preside della Facoltà di Scienze della Formazione, Scienze Politiche e Sociali dell’Università del Salento, il prof. Alexander Lommatzsch e la dott.ssa Caterina Terzi presidenti dell’Istituto Gestalt di Puglia, il docente dell’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma ed esperto di tecniche antiche di stampa, Andrea Mosso.
8 MARZO 2014 - il nostro augurio a tutte le donne...
Cinque anni fa su carta nasceva un sogno...
c'era un'idea forte che sapeva di terra unta da scirocco,
di radici che ancorate al suolo immaginavano futuro...
c'era il desiderio di intrecciare vite, potenzialità, carismi, illusioni, e creare opportunità per tutti...
c'era una Puglia Migliore che scommetteva non a parole su di noi e c'era entusiasmo e un pò di paura...
Cinque anni fa nasceva Mettere le Ali e in questo tempo denso abbiamo costruito, vissuto, intrecciato,
sofferto, date risposte, ricevuto porte in faccia, attestati di stima, soddisfazioni, qualche bruciante sconfitta...
dopo 5 anni siamo ancora qui, un pò provati, forse meno idealisti ma attaccati ai sogni
come si resta attaccati alla materia di cui si è impastati!
Ad maiora Mettere le Ali!
SABATO 21 SETTEMBRE dalle 10.00 alle 18.00
SPAZIO 7 E SPAZIO THE HUB BARI Fiera Del Levante
all’interno del secondo Salone delle Startup e delle imprese creative, si terrà il Principi Attivi Camp un incontro dedicato ai gruppi di giovani pugliesi che hanno vinto l’ultima edizione del bando della Regione Puglia “Principi Attivi – giovani idee per una Puglia migliore”.
PROGRAMMA DELLA GIORNATA
Ore 10.00 – Spazio 7
PLENARIA DI BENVENUTO
Partecipano:
Guglielmo Minervini – Assessore alle politiche giovanili della Regione Puglia
Gruppi vincitori delle passate edizioni, fra cui la Cooperativa Sociale Mettere Le Ali Onlus a raccontare cinque anni di "principi attivi" a fare innovazione di se e di questa terra, a essere degni di rappresentare la Puglia migliore...
Nichi Vendola – presidente della Regione Puglia
Ore 11.30 – Pad. 129 The Hub Bari
SEMINARI DI APPROFONDIMENTO
incontri di informazione e formazione per i vincitori del bando
Ore 15.00 - PAd. 129 The Hub Bari
NETWORKING
Spazio di incontro e messa in rete tra progetti
Di seguito il nostro intervento in plenaria:
Ho pensato a cosa dire questa notte pensando al lungo viaggio in macchina per attraversare quasi tutta la Puglia, da Minervino di Lecce a Bari, ho rivissuto mentalemnete le immagini dal finestrino che oggi mi avrebbero accompagnato.
Tra ulive, terreni, spezzoni di mare, avrei rivisto in una campagna un’immagine a cui sono affezionata… nelle campagne del brindisino un anziano che con un vecchio aratro lavora la terra. Ho avuto l’intuizione: questa generazione, quello che tutti noi rappresentiamo dentro quell’immagine.
Noi siamo quel forte e giovane cavallo, vigoroso, un po’ ribelle a cui il contadino affida l’aratura di una terra apparentemente ispida, sassosa. Abbiamo il gioco del futuro di questa terra sulle nostre spalle, mentre le indagini e gli studi alti ci descrivono come mammoni in attesa di chissà quale futuro, il contadino, questa Regione Puglia, crede nella forza delle nostre idee, nel muscolo duro delle nostre passioni, nella determinazione del guardare avanti, sulle nostre spalle tutti insieme il lavoro dell’aratura per smuovere l’aridità, per rinvigorire la terra e riaccendere quell’humus che la rende feconda.
Ciascuno con la propria forza trainante ad affondare nel terreno il germe della crescita, dell’innovazione. Questo lavoro che ci è stato affidato puntando su noi chiede di restare radicati, affondare le radici e non fuggire come in molti per tristezza, per paura, per desiderio di certezza. Restare e lottare qui, con la fatica di un terreno che spesso non risponde, che punge, con un’aratura che a volte fa saltare pietre, cocci, che smuove l’aratro fino a rischiare che si capovolga.
Spesso accade nelle lungaggini burocratiche, nei ritardi dei pagamenti della Pubblica Amministrazione, nelle difficoltà di trovare risorse, collaborazioni, nella sfiducia di chi continua a credere che fare impresa in Puglia sia solo per pesci grossi, nelle piccole grandi illegalità che mettono all’angolo chi ci crede e vuole fare bene.
Restare e lottare qui, mantenendo fede a quel si iniziale, con la tenacia sprigionata dalla gratitudine verso chi ha creduto nella rivoluzione diuna nostra idea, nell’orgoglio di sentirsi la generazione del cambiamento, la Puglia Migliore, la miccia sempre viva del sogno che impastato nel lavoro, nel quotidiano sacrificio è divenuto impasto di futuro.
C’è stata data una responsabilità, essere un principio attivo, aver vissuto l’esperienza di un essere accompagnati per mano a realizzare un’idea con uno stile, con una progettazione qualificata, alta, disponibile, seria, impone a noi uno stile, solca ancora prima dell’aratro la strada da seguire… è la strada di chi continua a crescere senza spegnere un’ideale, di chi continua a innovare, a cooperare, a sentire che c’è futuro solo se lo facciamo insieme.
Quando l’aratro è appoggiato su più spalle, i cavalli devono tenere lo stesso spasso, condividere la fatica, trainare sapendo che se uno si ferma, arretra, allenta il cammino, cambia strada, non solo l’aratura non viene, ma entrambi i cavalli si fanno male, e il gioco ferisce le loro spalle… quelle di tutti. Questo è il senso del cammino per cui siamo stati scelti, non solo realizzare un’idea, la nostra, ma un fare futuro in questa terra, sentirsi responsabili della crescita non di un solo progetto ma di quello di una Regione intera.
Anche quest'anno presentiamo la nostra proposta educativa per i Campus Estivi per bambini da 3 a 11 anni. Da un'idea del maestro Zavalloni Gianfranco saremo presenti sui territori del Comune di Collepasso (Le), Comune di Uggiano la Chiesa (Le) e presso il Comune di Santa Cesarea Terme, in collaborazione con l'Associzione In-Possibile... La proposta delle Settimane Lente si presenta come innovativa all’interno della vasta gamma di proposte estive per bambini e ragazzi perché unica nel genere. Le Settimane Lente chiamano in causa tutto il ragazzo e il suo fondamentale mettersi in gioco, essere protagonista e non destinatario di attività. Accanto a ciò le attività proposte non sono riempitive di un tempo senza impegni, puntano alla ri-concettualizzazione del tempo libero. Esso, infatti, non va temuto, ma ripensato come possibilità di crescita quanto (se non di più) del tempo denso di attività, la noia va considerata volano, slancio di creatività ed operatività, la terra, la semplicità di un bosco e materiali elementari vanno intesi quale ambientazione ideale. Inoltre le Settimane Lente sono innovative perché promuovono l’approccio concreto, esperenziale a: • La cultura della lentezza come contrasto all’iperattività del vivere oggi, all’incapacità di attendere e al desiderio/esigenza del tutto e subito; • La cultura del riciclo, come buona prassi e come possibilità educativa di scoprire il valore pieno delle cose e del loro utilizzo che non finisce con il nostro utilizzo; • La cultura della terra, riconoscendo ad essa la funzione di mentore e guida contro l’alienazione dell’individuo, la virtualità delle relazioni e delle esperienze, contro le gabbie telematiche che fanno crescere bambini soli, senza immaginazione, ma sicuri e puliti; • La cultura dell’eco-sostenibilità e dell’alimentazione biologica, diretta conseguenza di una relazione fruttuosa con la terra che diviene, dunque, bene da preservare e salutare fonte di sostentamento.
scaricare qui il modulo in formato pdf, compilarlo e presentarlo direttamente al responsabile del campus oppure presso gli uffici competenti nei diversi Comuni.
Firmare per il 5 x mille dell’Irpef a favore della Cooperativa Sociale “Mettere le Ali” Onlus. Questo è un nuovo meccanismo che ti permette di sostenerci senza alcun costo.
In aggiunta all’8 per mille,con il CUD, il 730 o l’UNICO si può scegliere a chi destinare il proprio contributo. Sarà sufficiente la tua firma e l’indicazione del nostro codice fiscale: 04 213 720 750
per info: Agenzie delle Entrate
La tavola rotonda sull'accoglienza dei bambini ai tempi della crisi (tenutasi a Milano il 12 Aprile 2013) ha messo in luce un paradosso preoccupante: dopo tanto lavoro per creare un'alternativa agli istituti, oggi che le comunità sono messe sotto assalto, si rischia di tornarvi.
Federico Zullo ha 33 anni e fa l'educatore. È responsabile dell'area neomaggiorenni dell’Istituto Don Calabria di Ferrara e nel 2010 ha fondato la prima associazione in Italia che si occupa di neomaggiorenni usciti dalle comunità, Agevolando, di cui è anche presidente. Lui stesso è stato un ragazzo fuori famiglia. Venerdì 12 aprile, alla tavola rotonda "L'accoglienza dei bambini ai tempi della crisi" il suo intervento è stato dirompente. Eccolo.
«Ci lamentavamo degli istituti, ci lamentavamo del clima freddo e autoritario che vigeva in quei contesti, ci lamentavamo del gran numero di bambini e ragazzi che erano costretti a stare tutto il giorno con le stesse persone a fare le stesse cose alle stesse ore. Ci lamentavamo, appunto, dell’istituzionalizzazione in quanto processo di assoggettamento di un minore ad una dimensione omogeneizzante e non centrata sui bisogni individuali dei singoli individui. Li abbiamo chiusi il 31 dicembre del 2006. Fin dagli anni Settanta (in particolare in Piemonte e in Emilia Romagna) abbiamo lavorato per costruire contesti alternativi, di piccolo numero, centrati su una dimensione e un clima familiari.Ci abbiamo messo trent’anni a chiuderli (o meglio, a sancirne la chiusura). Ora assistiamo ad un paradosso: dover “lottare” per vincere i tentativi di chiusura di ciò che abbiamo appena faticosamente finito di realizzare.
Negli anni Novanta ho vissuto per 4 anni in una comunità, 2 in casa famiglia, 3 in un appartamento per “grandicelli”, fino all’età di 19 anni. La comunità si chiamava “comunità” ma era ancora un piccolo istituto: eravamo in trenta. Ho fatto fatica, soprattutto i primi anni, ma poi mi sono ambientato e ho sperimentato buone relazioni con adulti affidabili e l’amicizia (oserei dire quasi fratellanza) con i miei compagni, che frequento ancora oggi e coni quali stiamo costituendo un gruppo associativo a Verona, mia città natale. Quando ho iniziato nel 2001 a lavorare come educatore per l’Opera Don Calabria a Ferrara (dopo aver passato tutte le difficoltà della neomaggiore età post comunità) ho scoperto piano piano che c’erano contesti di accoglienza residenziale di piccolo numero, da 6 a 10 ospiti. Poi ho capito che in tali contesti si potevano costruire relazioni con adulti affidabili con più facilità perché maggiore è il tempo che loro possono dedicarti. Ho anche capito che costavano di più.
Leggo con sconcerto di “baruffe chiozzotte” tra cattolici che, pensavo da ignorante (noi preti in questo periodo dobbiamo essere ignoranti in politica, perché tocca ai Cardinali “farla”) fossero tramontate da decenni. Viviamo in un paese moderno e libero, scolarizzato (da madre televisore) e non sappiamo ancora dove stiano i cattolici e cosa vogliano. Perciò fatico a capire perché un Governo che finanzia le scuole cattoliche e non da un euro in più per gli assegni familiari e per una casa a basso costo per le famiglie numerose, sia da votare e invece non sia da votare un Governo che chiede a tutti di pagare quello che devono pagare senza tanti privilegi, mugugni e tagli drasticamente stipendi e pensioni immorali e scandalose. A noi, che combattiamo in prima linea fino a rischio di rimetterci la pellaccia, poco interessano le sfumature di cattolicesimo spalmate con colori sempre più difficili da interpretare. Le vere priorità non sono né laiche né cattoliche. Sono priorità! Un Governo che si accorge dei giovani quando sono nelle carceri minorili o disoccupati, non credo che debba essere dichiarato laico o cattolico. Non è un Governo previdente, moderno e lungimirante. Un Governo al quale la scuola, tutta la scuola, pubblica o privata, non interessa, non prepara i docenti, non trova i soldi per finanziarla, non è un Governo. E se finanzia solo una parte della scuola, o quella pubblica o quella privata, non è un Governo europeo. È un Governo ideologico e decrepito. Credo, ad esempio, che l’ecologia, la qualità della vita, il costo dei libri scolastici, l’urbanistica ripensata radicalmente, la sanità uguale per tutti Non è l’economia che qualifica un popolo ma la capacità di relazioni, il senso del dovere, il rispetto delle regole, la possibilità di ascoltare un concerto, di visitare una galleria d’arte, di consultare libri, filmati, documenti; la flessibilità nei tempi lavorativi commisurata sulle necessità familiari, i mezzi pubblici puliti, che arrivino dovunque. I problemi sociali hanno sempre avuto a che fare con gli avanzi di bilancio. E noi, soliti deficienti, a piagnucolare davanti alla porta degli assessori. Perché noi del sociale, abbiamo perso la dignità! Siamo precipitati nel medioevo! I signori sono signori e vanno trattati da signori e i poveretti, cioè quelli che non hanno diritti, aspettano, sperano, allungano la mano e si cavano il cappello ai lati della strada perché passa lui, il Signore (con lettera maiuscola anche se non è il Padreterno ufficiale!). Anziché alzare la voce e urlare abbiamo piegato la schiena e tappato la bocca. Male! Ancora una volta rivoteremo una disgrazia minore, e i Brambilla resteranno Brambilla.
di Don Antonio Mazzi fonte: www.exodus.it
Caro Babbo Natale,
non fare il furbo. Troppo facile farsi vedere rubizzo, con la barba candida, la gerla piena di doni, la palandrana rossa, quando l’economia tira e il Paese sembra Bengodi. Fino a qualche anno fa eri addirittura appeso come un alpinista alle finestre. Facevi un po’ impressione, per la verità. A me davi la sensazione di una certa precarietà, e temevo che con quella corda finissi con l’impiccarti da solo. Sarò stato troppo pessimista, ma oggi temo solo di essere stato preveggente.
Perciò torna rapidamente a sorridere, cerca di inventarti qualcosa, ma abbiamo assolutamente bisogno di te, e di un piccolo sogno di festa da coltivare. La tristezza, infatti, ci sta togliendo energia e cuore. Lo so che non è colpa tua. Almeno credo. Anche se nei Paesi nordici, secondo me, state comunque meglio che da noi. Forse il clima aiuta a non esaltarsi troppo, a coprirsi bene, ad accontentarsi di cose semplici.
Noi abbiamo vissuto anni spensierati. Non eravamo ricchi, ma ci piaceva pensare di esserlo. Oggi siamo quasi tutti in grande difficoltà e ci rifiutiamo persino di fare la lista dei regali “obbligatori” di Natale. Una “app” dello smartphone ci salverà, con effetti speciali gratis. Sui social network ci scambieremo valanghe di “mi piace” sotto alle foto di alberelli addobbati, o di vignette ironiche e animate. Cercheremo di ingannare l’ansia, la paura del freddo, della solitudine, della mediocre povertà incombente. Spenderemo poco,ma sarà comunque troppo.
Caro Babbo Natale, mi ricordo quando ero bambino che ti aspettavo davvero, la notte della vigilia, fino a quando non mi si chiudevano gli occhi per il sonno. Poi la mattina mi svegliavo con la sorpresa della tua venuta, e c’erano tanti pacchetti colorati, con i nastri e i fiocchi, in bell’ordine, per me e per mio fratello. Non c’era la playstation, ma qualche balocco, un libro, un disco, una scatola di Lego, le automobiline, il trenino (un po’ alla volta).
Adesso non saprei cosa chiederti, ma ho nostalgia, non dell’infanzia, ma di quella atmosfera magica della festa. Giorni di semplicità, che si riempivano di voci familiari, di scampanellate alla porta, di piccole sorprese degli amichetti, dei compagni di giochi. Sono sicuro che anche adesso è così per i bambini. Ma non per i genitori. Mentre, se ricordo bene, allora erano, per un momento, felici anche loro. Carichi di futuro.
Ecco caro Babbo Natale, prova a fare un pieno di Speranza, di Allegria, di Sorrisi, di Umanità. Distribuisci questi doni equamente, non ti dimenticare di nessuno. E’ in questi giorni che la solitudine brucia dentro al petto, e riempie gli occhi di lacrime. Usciremo da queste difficoltà, ne sono sicuro. E forse dobbiamo ricominciare da qui, da queste giornate dense di odori, di suoni, di bancarelle, di musiche un po’ datate ma sempre vere, di gesti che abbiamo dimenticato, concentrati su noi stessi, un po’ cinici, un po’ spaventati.
Aiutaci a tornare semplici, autentici, gentili, cordiali, generosi, educati, disponibili, capaci di ascoltare, di perdere tempo a sentire il racconto sempre uguale di un anziano che magari vuole insegnarci qualcosa di importante. Caro Babbo Natale, aiutaci a ricominciare da capo. Sarebbe il più bel regalo. Lo aspetto. Ci conto. Copriti bene, mi raccomando.
Lettera a Babbo Natale di Franco Bomprezzi (www.vita.it)
Ragazzi invitati a spogliarsi in webcam e poi perseguitati. Se non pagano, le loro immagini finiscono in Rete. Ad agire, con ogni probabilità, donne straniere. La procura di Bari ha aperto una inchiesta.
Il sistema è molto semplice. Il fenomeno diffuso: donne, con ogni probabilità, straniere, adescano adolescenti o professionisti su Facebook e dopo averli indotti a spogliarsi li ricattano. Il caso è al centro di una indagine della procura di Bari, ma le denunce sono al vaglio anche di altri magistrati italiani. Nel capoluogo pugliese l'inchiesta è partita dopo l'esposto presentato dai genitori di un ragazzino, poco più che quindicenne. Cede al ricatto o almeno è quello che vuole fare e per questo chiede i soldi al padre e alla madre e racconta tutto. Tra le lacrime ricostruisce la storia della sua amicizia nata sul principale social network e così i genitori decidono di denunciare l'accaduto alla procura di Bari.
L'inchiesta è stata aperta, ma l'indagine, simile a quella avviata da altri magistrati in tutta Italia, non è semplice. La donna che ha adescato il giovane non è italiana e quasi sicuramente, secondo quanto hanno accertato gli agenti della polizia stradale, per collegarsi ad internet ha usato una postazione di un computer all'estero o una scheda intestata ad altre persone. E per avere i dati degli utenti che usano Facebook è necessario attendere mesi.
L'esito delle indagini, quindi, non è scontato. Resta allora l'invito, formulato dagli investigatori, alla prudenza, alla massima attenzione, soprattutto per coloro che sul social network stringono amicizie o relazioni virtuali con persone che non conoscono. L'identikit degli uomini che vengono adescati è sempre lo stesso, almeno stando alle denunce che sono arrivate negli uffici della polizia postale. I ragazzini sono le prede più ambite, soprattutto per la loro ingenuità, ma tra coloro che sono incappati in questi guai ci sono anche professionisti, uomini che possono spendere. Le donne che non è escluso appartengono ad una vera e propria organizzazione e che sono specializzate in questo tipo di reati li contattano consultando il loro profilo e quindi scegliendo quelli che, secondo una loro ipotesi, hanno una posizione economica più agiata.
fonte: bari.repubblica.it
Il 20 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La data ricorda il giorno in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò, nel 1989, la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Sono oltre 190 i Paesi nel mondo che hanno ratificato la Convenzione. Nonostante vi sia un generale consenso sull'importanza dei diritti dei più piccoli, ancora oggi muoiono ogni anno circa 11 milioni di bambini, in gran parte nei paesi in via di sviluppo.
Il trattato è considerato una delle più importanti conquiste del diritto internazionale, che ha riconosciuto ufficialmente i diritti dei bambini come persone, sullo stesso piano di tutti gli altri membri della società. L’importanza del trattato sta principalmente nell’aver identificato alcuni principi guida universali, che potessero ispirare modifiche alle legislazioni nazionali nella direzione di una maggiore tutela dei bambini.
La ratifica del trattato ebbe conseguenze notevoli in moltissimi paesi del mondo e in ambiti diversi, dal divieto delle punizioni corporali alla creazione di sistemi di giustizia minorile che fossero separati da quelli per gli adulti, dall’istituzione di sistemi di monitoraggio per i diritti dei bambini alla approvazione di sanzioni per i genitori che abbandonano o abusano dei figli.
Nonostante questo però la Convenzione resta ancora oggi in larga parte inattuata. Tra i diritti negati più importanti c’è sicuramente quello all’educazione. Per chi come noi ha scelto di stare accanto ai bambini e agli adolescenti oggi è una giornata speciale, dove ci sentiamo in diritto di urlare sempre più forte ogni ingiustizia, sopruso, maltrattamento, discriminazione che si ripresenta sui nostri ragazzi... infine il pensiero va ai nove bambini che hanno perso la vita lo scorso 18 Novembre, coinvolti in un raid aereo israeliano nel conflitto di Gaza... guardando le foto che hanno fatto il giro del mondo nelle ultime ore proviamo sgomento!
Non ho capito bene se diamo per scontato che la guerra con la marijuana è persa, oppure se la marijuana sia uno dei capriccetti che i nostri cicciobelli usano e consumano o, terza ipotesi, se, andando tutto a Patrasso (politica, lavoro, economia, ecc…) debba andare a Patrasso anche l’intero mondo delle dipendenze, dalle droghe leggere a quelle pesanti, dall’alcol al gioco, alla coca.
La cannabis, secondo l’Istituto Mario Negri, è lo stupefacente più usato dai nostri cari metropolitani milanesi. Si parla di ventimila dosi al giorno. Qualche mese fa se non mi sbaglio, qualcuno del Governo aveva, con tanto di statistiche matematiche in mano, dichiarato che l’uso delle varie droghe era diminuito. Quasi sospirando con il sospiro liberatorio, si iniziava a pensare ad un possibile calo. Evviva le statistiche. Perché, mettendo quelle contro questa, ne esce una bella guerra: ventimila dosi al giorno di marijuana e hashish, seimila dosi di cocaina sempre al giorno (con un picco di novemila dosi nei week end), esplosione di anfetamine, ecstasy in particolare, legate al fatto che i costi sono inferiori. Non io, ma il professor Garattini, dice che il consumo di droghe non è affatto diminuito e che bisogna ripensare a nuove strategie da mettere in campo. Noi siamo fermi ai metodi vecchi, validi allora ma oggi sorpassati, costosi e inutili. Le comunità, la galera, i Sert, il metadone c’entrano, con questi ventimila consumatori, come i cavoli a merenda. Se non partiamo dalla famiglia, dalla scuola, da una strategia educativa quotidiana che faccia capire che non si vive di capricci, di vizietti, di soddisfazioni immediate e stupide, tutto sarà inutile.
La società dei consumi, del tutto subito, del minimo di fatica, può produrre solo persone fragili, senza obiettivi medio-lunghi, con l’urgente bisogno di superare difficoltà e momenti critici con fughe dalla realtà, con supporti artificiali, a portata di mano e di portafoglio, e pronti all’uso. Mentre ieri andavamo alla ricerca dei disperati, dei carcerati, degli irrecuperabili oggi urge arrivare prima, molto prima.
di don Antonio Mazzi
fonte: www.exodus.it
La sessualità dei giovanissimi
Gli esperti: ma sarebbe sbagliato bocciare il web, piuttosto i genitori dovrebbero essere presenti e discreti.
Un tempo c’erano i giornaletti pornografici o gli amici più grandi a fare «scuola di sesso», oggi c’è internet. Ben il 74% degli adolescenti maschi e il 37% delle fanciulle ricorre infatti al web per fare sesso, vedere sesso, sapere tutto sul sesso o addirittura cercare un partner. A portare al centro dei riflettori il tema della sessualità negli adolescenti sono stati gli esperti intervenuti al recente Congresso del Sindacato pediatri di famiglia, proprio perché il pediatra potrebbe rivelarsi un valido punto di riferimento anche per i genitori nell’affrontare questa delicata fase della vita dei figli.
SEXTING - E si sa, quando si parla di sesso, internet è una miniera d’oro inesauribile con 2 miliardi di siti pornografici, con una possibilità infinita di informazioni e immagini per tutti i gusti e tutte le fantasie. «Quello che si fa sul web non è però influente – avverte Bini -. Le ampie possibilità di scelta e di cambiamento possono infatti avere ripercussioni anche nella vita reale, per esempio, se non si è fedeli al partner “fantasma” di rischia di non esserlo anche a quello reale o, ancora, di fronte a un problema col partner può risultare più semplice cambiare piuttosto che fare un minimo sforzo per appianare le cose. Insomma su internet ci si po’ soddisfare per tutto e poi pretendere altrettanto nella vita reale». La sessualità degli adolescenti oggi passa sempre più anche dal sexting, ovvero parlare di sesso o inviare immagini esplicite attraverso sms, mms e mail.
I RISCHI - «Il sexting - spiega l’esperto - è una pratica che segue un suo rituale ben preciso: il fotografarsi col telefonino nudi o in pose provocanti, in genere in bagno (magari facendo in modo che si intraveda anche un pezzo di specchio), il farlo di nascosto dai genitori, l’inviare le immagini. Secondo una recente indagine, il 20% degli adolescenti ha inviato queste fotografie e il 40% le ha ricevute, il che significa che non esiste solo il sexting attivo, ma anche quello passivo, non voluto, ma ugualmente rischioso per lo sviluppo dell’identità sessuale del giovane. Inoltre il 25% degli adolescenti che pratica il sexting, in maniera assolutamente irresponsabile per le conseguenze, invia le proprie immagini non solo al partner o all’amico in cui ripone piena fiducia, ma a più persone». Il sesso degli adolescenti via internet non va però condannato "tout court”. «Ogni generazione trova i suoi modi per sviluppare la propria sessualità e per contenerla. Sarebbe sbagliato bocciare il web, piuttosto i genitori dovrebbero essere presenti e discreti: capire ma non intervenire. La via migliore resta quella dell’ascolto e del dialogo su tutti i temi, compresa la sessualità» conclude Bini.
Antonella Sparvoli
Fonte: Corriere della Sera
"A forza di ripetere certe espressioni ti vengono le rughe. Pensa quante e quali rughe possono venire ad una persona che deve confortarti, rassicurarti e fare sì con la testa, oppure no, una serie di volte al giorno. Ecco, quelle sono le rughe della professionalità. Qualcosa che non puoi comprare. Qualcosa che non puoi emulare. Qualcosa che devi guadagnarti sul campo." Gianfranco Franchi - L'arte del piano B
"Siamo una generazione molle. Può essere... ma forse la mollezza è il prezzo da pagare per la libertà e l'informazione. Oggi siamo liberi di decidere se e chi amare, se continuare o restare da soli... oggi siamo a conoscenza di cosa vuol dire trascinare una storia con l'illusione di sacrificarsi all'amore, oggi siamo a conoscenza della precarietà che ci circonda, quella materiale e umana.. oggi desideriamo solo prenderci quello che crediamo ci appartenga: un po' di felicità... che duri per sempre." Margaret Mazzantini
“Le cooperative ricordano alla comunità internazionale che è possibile conciliare la produttività economica con la responsabilità sociale”.
Ban Ki-moon Segretario Generale delle Nazioni Unite
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